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Cosa dire delle imprints di Claudio Arezzo di Trifiletti ?
Matasse condensate di colore, concrezione di sensi concretizzati, sovrabbondanza magmatica di immaginazione resa in simboli incastonati nella densa materia pittorica. Questa una tela di Claudio Arezzo di Trifiletti decodificata e tradotta in questo scritto. Un approccio critico di natura squisitamente mimetica è quanto le sue opere pittoriche sembrano richiedere e l’occhio – filamento sensibile – si industria di cavarne sensi. Procediamo dunque sulla strada di quel proverbiale dispiegamento dei sensi che Rimbaud auspica nella sua celebre Lettera del Veggente per seguire la parabola della mente negli spazi aperti di una pittura modellata sulle impressioni lasciate dalle scarpe dei passanti. Sissignore, questo è l’artificio escogitato dal pittore simile a certi innocenti stratagemmi escogitati dai bimbi per divertirsi. Le strade sono quelle di grandi città del mondo o di posti in cui ci passa molta gente come un centro commerciale – e l’Imprints è attuato. Prese le impronte, il pittore si mette all’opera. Un primo colpo d’occhio sopra la tela sporcata da quei passi, la visione; un secondo su possibili traiettorie da seguire tra le impronte lasciate dai passanti, il disegno; in fine viene l’ora delle vernici sulle tracce, la pittura. Cosa dicono quelle traiettorie ad Arezzo di Trifiletti? Sono passi d’Anima, anzitutto, e il Nostro amico pittore è uno che crede molto nell’Anima della gente; la insegue ovunque egli vada e la traduce attraverso uno sforzo grafico estremo- in espressione. Pittura espressionista? Le etichette sono sempre sgradevoli e le parole fallano di brutto quando cercano di definire qualcuno e qualcosa, per questa ragione esiste la poesia anche nel nostro tempo dove per ogni cosa c’è un libretto delle istruzioni, la qual cosa non è poi così male, sempre che le istruzioni siano comprensibili.
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Anche per questo c’è la poesia: per comprendere attraverso le immagini le Verità profonde, le cognizioni sedimentate: messe in retroguardia dal continuo incessante divenire di quel che chiamiamo realtà. Un esempio di poesia – di istruzioni pertinenti la stessa realtà vissuta nel quotidiano di Arezzo di Trifiletti, Catania – l’ha scritta anni a dietro un tale noto alle cronache col nome di Kong, amico mio e suo.

( ) Questa città di nessuna vita che rigurgita risa/ smanie
Impostura di esserci,
[ODIO] nella mente di tutti/ fino alle tubature di casa/
fra i peli bruciati dal sole/ i semafori blu dell’estate (.).

Scritto di Vincenzo Ferrara e Renato Dipaola